La tutela della non autosufficienza come terza branca del nostro sistema di Welfare

Un focus sul Fondo nazionale non autosufficienza e il nuovo Piano nazionale per l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e la prevenzione delle fragilità nella popolazione anziana

Premessa

Il progressivo invecchiamento della popolazione impone un inevitabile ripensamento dei bisogni di salute e di welfare dei cittadini. Al fenomeno dell’invecchiamento va poi associato l’ulteriore aspetto legato al progressivo peggioramento delle condizioni sociali e di salute della popolazione adulta come evidenziano i dati diffusi in diverse sedi in ordine al tasso di povertà e vulnerabilità sociale; al tasso di co-morbilità e cronicità; alla crescita delle condizioni di fragilità sanitaria.

Concetti come vulnerabilità sociale e fragilità sanitaria, oggi presenti nei titoli dei principali capitoli programmatici delle istituzioni e della politica, sostituiscono i termini tecnici di instabilità economica e disabilità/non autosufficienza a confermare un contesto che ha ormai accolto la dimensione multidimensionale del rischio legato alla tutela continuativa della popolazione, rischio che grava non solo sul sistema sanitario, ma anche sul sistema della spesa sociale e della spesa previdenziale. 

In linea generale, la non autosufficienza è da sempre considerato un concetto ampio e multidimensionale, correlato sia all’ età che allo stato di salute dell’individuo, e si esprime non soltanto nella incapacità totale o parziale di compiere le normali azioni della vita quotidiana “ma anche nel non riuscire a far fronte a quelle esigenze di natura economica e sociale che si concretizzano in un adeguato reddito, un’abitazione con caratteristiche microclimatiche, strutturali e di accesso compatibili con l’igiene e la sicurezza dell’ambiente e dell’individuo e una rete sociale protettiva (Beltrametti et al., 2000)”. 

La tutela della non autosufficienza, comprensivo delle fattispecie legate alla disabilità grave e gravissima, si è basata nel tempo su una disciplina disorganica che ha trattato separatamente le voci di finanziamento stanziate per la tutela di questo rischio a livello sanitario, sociale e previdenziale. Eppure, è presente da molti anni nella letteratura specialistica la consapevolezza legata alla necessità di affrontare questo rischio emergente del nostro sistema di welfare come autonoma branca del welfare, branca su cui investire risorse dedicate, non sottratte in modo episodico dai principali capitoli di spesa sanitari e sociali-previdenziali.  

A fronte di un sistema di tutela disorganizzato e fondato su presupposti definitori non stabili, anche il secondo pilastro, la spesa privata sussidiaria, ha risposto con un sistema che ha tutelato la non autosufficienza a macchia di leopardo come una delle prestazioni accessorie dei Fondi pensione o dei Fondi integrativi del SSN. 

Tuttavia, è doveroso ricordare che, fino ad oggi, la mancata realizzazione di un sistema di tutela sussidiaria rispetto al rischio legato alla fragilità e all’invecchiamento trova la sua principale motivazione nella inesistenza di una cornice legislativa chiara e univoca in grado di disciplinare la governance e le prestazioni del sistema sociale e socio sanitario, fondato sull’indennità di accompagnamento  (prestazione di natura sociale erogata dall’Inps, a carattere monetario e riconosciuta nel caso della cosiddetta invalidità civile, ossia l’invalidità che non deriva da cause di servizio, di guerra o di lavoro…) e sulle prestazioni socio – sanitarie. 

Dai grafici che seguono emerge come entrambe queste componenti risultino in rilevante crescita e necessitino di essere rivalutate in una logica integrata e centralizzata visto che soprattutto le seconde due voci sono finanziate in modo diseguale dalle regioni e dagli enti locali.

Note: 1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra azioni di cura e quelle di riabilitazione (art. 3 septies, primo comma del D.Lgs 229/99). Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

  • le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale. Dette prestazioni di competenza delle AUSL e a carico delle stesse sono inserite in progetti personalizzati di durata medio-lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell’ambito delle strutture residenziali e semiresidenziali;
  • le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Tale attività di competenza dei comuni sono prestate con compartecipazione alla spesa, da parte dei cittadini, stabilita dai comuni stessi.
  • le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolari rilevanza terapeutica  e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. 

Tali prestazioni sono finanziate con il fondo sanitario e con il fondo sociale (o direttamente dal cittadino) e sono svolte prevalentemente a domicilio o in strutture residenziali e semiresidenziali.

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Tuttavia, già da qualche anno l’approccio del legislatore al tema della non autosufficienza è notevolmente cambiato tanto da dar vita a provvedimenti che a partire dal 2016, anno di istituzionalizzazione del FNNA, hanno segnato un cambio di marcia decisivo. 

Il nuovo modello di regolazione della non autosufficienza. Dalla strutturazione del FNA al PNNA 2022-24 e al nuovo concetto di fragilità.

Il nostro legislatore ha avviato un percorso di razionalizzazione della disciplina in materia di non autosufficienza a partire dal 2016, quando la dotazione del Fondo nazionale non autosufficienza (FNA), istituito negli anni 2006-2008 e concepito come strumento di avvio di un progetto nazionale per la costruzione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni sociali (LEP), viene potenziato ma soprattutto diventa strutturale. Il FNA, che viene finanziato con risorse sempre crescenti (passando dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 550 milioni del triennio 2019-2021), passa da una logica di fondo ulteriore di supporto alle spese delle Regioni a Fondo da cui partire per la programmazione della spesa; si assiste, in pratica, ad una rivoluzione copernicana che vede il FNA come fondo di dotazione di risorse non già addizionali rispetto a quelle regionali e locali ma come centro di finanziamento delle politiche integrate per la non autosufficienza a livello uniforme e nazionale.

Negli stessi anni si susseguono interventi normativi finalizzati alla creazione dei cd. LEPS, definiti nel comma 159 della Legge n. 234 del 30 dicembre 2021, “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”, come interventi, servizi, attività e prestazioni integrate che la Repubblica assicura, sulla base di quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera M), della Costituzione, e in coerenza con i principi e i criteri indicati agli articoli 1 e 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328, con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità” (art. 1, comma 159 L.234/21). Gli articoli 159-171 di questa legge – elaborata a seguito dei lavori della Commissione Turco “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza”, si concentrano sul concetto di integrazione socio sanitaria al fine di garantire una effettiva inclusione sociale delle persone con disabilità e delle persone non autosufficienti. 

In questo contesto si inserisce anche il Piano nazionale per la non autosufficienza (PNNA), adottato con il dpcm 17 dicembre 2022, con l’obiettivo di sviluppare in linea di continuità con il D. lgs. 147/2017, art.21, co.7, il sistema dei LEPS e di definire, propedeuticamente, la condizione di non autosufficienza, per la quale ad oggi non è presente nell’ordinamento una definizione unica e condivisa.  Nell’ambito di questi obiettivi il PNNA interviene in sede di programmazione integrata, sul percorso assistenziale integrato e sul coordinamento tra Leps sociali e LEA sanitari nelle domiciliarità, sui criteri di riparto del FNA e sulla sua attuazione e rendicontazione. 

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È evidente che in poco più di un quinquennio di forte dinamismo legislativo sul tema della fragilità, anche in attuazione delle due missioni 5 e 6 del PNRR, il contesto di riferimento della tutela socio sanitaria sia notevolmente cambiato. Si inserisce perfettamente in questo contesto e lo completa l’emanazione della Legge delega 33/2023 in materia di non autosufficienza della popolazione anziana che unitamente al Decreto lavoro sull’inclusione sociale (convertito con la Legge 3 luglio 2023, n.85) dà avvio a una riforma strutturale sulle politiche per gli anziani. 

Tra i punti salienti della Legge delega 33/23, di cui è stato approvato in data 25 gennaio 2024 il primo schema di decreto attuativo, ci sono: 

  1. Una nuova e multidimensionale definizione della fragilità e previsione di un piano programmatico denominato, “Piano nazionale per l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e la prevenzione delle fragilità nella popolazione anziana”;
  2. Un nuovo sistema di governo della non autosufficienza, basato su un organismo integrato: il CIPA, partecipato da diversi Ministeri tra cui quello del lavoro, della salute, della famiglia e della disabilità…; 
  3. Una nuova prestazione: la prestazione universale che dovrebbe progressivamente sostituire l’indennità di accompagnamento, per gli anziani ultra ottantenni e con bisogno assistenziale gravissimo.
  4. Il ruolo centrale dei PUA, punti unici di accesso, per la presa in carico “multidisciplinare” delle fragilità
  5. L’attenzione al tema del digitale e del telemonitoraggio. 

Note: 2. A tale proposito già DM del 2016, considerava prioritaria «l’individuazione dei beneficiari, a partire dalla definizione di disabilità gravissima di cui all’articolo 3, nelle more della revisione delle procedure di accertamento della disabilità e con l’obiettivo di adottare una nozione di persone con necessità di sostegno intensivo, differenziato sulla base dell’intensità del sostegno necessario». Oggi l’ampliamento della definizione di non autosufficienza verso quello di fragilità introdotto nella Legge delega 33/2023 o quello di persona con non autosufficienze contenuto nel PNNA evidenzia il carattere multidimensionale della condizione e crea la base per su sistema di tutela che parte dalla presa in carico delle aree di prevenzione terziaria delle malattie gravi e invalidanti per poi spostarsi alla condizione di non autosufficienza vera e propria e della sua gestione.

Il punto maggiormente significativo della riforma riguarda il tema del governo della tutela sociosanitaria dei fragili e degli anziani, ossia la costruzione di una regia nazionale in grado di coordinare i diversi interventi anche grazie ad una programmazione economica accentrata. Questo elemento ci consente di riflettere in modo nuovo sulle possibilità future di finanziamento del nostro sistema sociosanitario e su una valorizzazione di un secondo pilastro sinergico e sussidiario in grado di intervenire in modo uniforme sul territorio nazionale su un ambito come quello della assistenza continuativa che se non presidiato con risorse ulteriori rischia di scaricare il suo peso sui già delicati equilibri del SSN e del nostro sistema previdenziale. 

Il tema della LTC, solo parzialmente attenzionato dal sistema dei fondi pensione sta acquisendo sempre maggiore spazio nel sistema dei Fondi sanitari che, in mancanza di luogo deputato, sono oggi considerati dal legislatore i luoghi di tutela sussidiaria dei fragili e non autosuffcienti. 

In particolare, sul segmento della sanità integrativa, il ruolo dei fondi sanitari già dalla loro istituzione focalizzato sulle aree di scopertura del SSN si concentra a più riprese sul tema della tutela della popolazione anziana, della cronicità e della fragilità. Anche nel caso della disciplina della sanità integrativa assistiamo ad una nuova stagione in cui ai Fondi sanitari è attribuito un ruolo multidimensionale nella tutela della non autosufficienza, attraverso norme promozionali di soluzioni che integrano sociale e sanitario; prestazioni LTC a carattere monetario, prestazioni sociali integrative dei Leps e prestazioni socio-sanitarie non assicurate o assicurate parzialmente dal sistema sanitario nazionale (cfr. modifiche apportate dalla Legge concorrenza all’art. 9 del Dls.502/92, nuovi commi lett. c-bis, c-ter e c-quater del comma 4). Le sfide e le opportunità sono sicuramente molte ma al momento la contribuzione LTC non assume un carattere autonomo all’interno delle gestioni dei Fondi sanitari, le risorse accantonate per i grandi rischi e le prestazioni sociosanitarie vengono spesso utilizzate per compensare gli squilibri esistenti sull’aree delle cd. prestazioni di frequenza sanitaria e il mancato sviluppo di un solido sistema di erogazione di servizi per la fragilità, distoglie l fondi dall’investire in prestazioni diverse dalle cd. indennità monetarie e rendite per i soli casi di assoluta e permanente non autosufficienza. 

Il segmento sociosanitario, invece, merita una programmazione che vada ben oltre l’ambito di applicazione dei fondi sanitari (cfr mondo del lavoro autonomo e libero professionale), si estenda a tutti i cittadini e possa contare su un finanziamento stabile in grado non solo di sostenere le prestazioni già erogate a valere sul FNA ma anche di sviluppare nuovi servizi, infrastrutture e soluzioni uniformi sul territorio. Al di là del modello di sussidiarietà che vorrà utilizzarsi per il sostegno della spesa sociale e socio sanitaria in Italia i tempi sono ormai maturi per la definizione di un secondo pilastro che, in linea di continuità con quanto previsto dalle più recenti riforme, possa tutelare l’area socio sanitaria con dotazioni stabili, obbligatorie per tutti i cittadini e magari gestite secondo modelli virtuosi, a capitalizzazione reale, in una logica di reale diversificazione dei modelli di finanziamento. Una simile opportunità potrebbe rivelarsi utile non solo allo sviluppo di un segmento oggi non finanziato con risorse adeguate ma anche e soprattutto all’alleggerimento di una spesa crescente che oggi impatta in modo preoccupante sull’assistenza sanitaria distrettuale.  

Il grafico sottostante evidenzia la mancanza nel nostro sistema di un secondo pilastro in ambito socio sanitario anche in ambito bilaterale. La copertura della LTC è una prestazione accessoria dei FP e una delle prestazioni vincolate dei Fondi sanitari ma solo con riferimento alla componente socio-sanitaria.

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Note: 3. La nuova prestazione universale sarà erogata dall’INPS e consisterà in un assegno composto da una quota fissa corrispondente all’attuale accompagnamento (527,16 euro mensili), e da una integrativa, chiamata “assegno di assistenza”, di 850 euro mensili, per pagare badanti o servizi destinati al lavoro di cura e assistenza.
Non si tratta di una prestazione per tutti gli anziani ma, come accennato, ai soli in condizioni assistenziali molto gravi, e di età avanzata.
Nel dettaglio, i requisiti richiesti sono:

  •  un’età di almeno 80 anni;
  •  un livello di bisogno assistenziale gravissimo, definito dall’INPS, sulla base di determinati indicatori;
  •  un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) per le prestazioni agevolate di natura sociosanitaria, in corso di validità, non superiore a euro 6.000.
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