Intervista all’Health Coach – Prof. Antonio Pipio

“Oltre la prevenzione: l’Health Coaching come leva per il benessere globale tra welfare e sanità. Una proposta che agisce sulla cronicità e favorisce la partecipazione del paziente al percorso di cura”.
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Prof. Pipio, i dati epidemiologici ci dicono con chiarezza che oggi la condizione di cronicità riguarda una quota crescente della popolazione, in particolare tra gli over 50, e che la malattia non è più un’eccezione, ma spesso una condizione da gestire nel lungo periodo. Anche il legislatore ha preso atto di questo cambiamento, spingendo i fondi sanitari integrativi a investire sempre più su prestazioni sociali e sociosanitarie orientate alla cronicità, alla fragilità e al recupero della salute.
In questo nuovo scenario, secondo lei, come si trasforma il concetto di prevenzione nell’approccio dell’Health Coaching? E come può questo strumento contribuire non solo a evitare la malattia, ma a mantenere e migliorare attivamente lo stato di benessere, anche in presenza di patologie croniche?
Prof. Pipio
Il concetto di prevenzione, nell’approccio dell’Health Coaching, compie un salto evolutivo importante: da azione meramente protettiva o difensiva – finalizzata a “non ammalarsi” – si trasforma in un processo attivo di costruzione della salute, che coinvolge la persona nella sua totalità: mente, corpo, comportamenti, scelte quotidiane.
Nel contesto attuale, in cui la cronicità è sempre più diffusa e la guarigione totale non sempre è possibile, l’obiettivo non può più essere solo quello di evitare la malattia, ma piuttosto di preservare e rafforzare ogni giorno ciò che funziona, di riattivare risorse interiori, di accompagnare l’individuo in un percorso di consapevolezza, responsabilità e autonomia rispetto alla propria salute.
L’Health Coaching si rivela particolarmente efficace perché:
- non lavora sul sintomo, ma sul comportamento, cioè su ciò che la persona può cambiare;
 - promuove micro-azioni quotidiane coerenti e sostenibili, che nel tempo producono grandi risultati;
 - attiva la motivazione intrinseca, elemento spesso carente nei percorsi tradizionali;
 - si adatta perfettamente anche alle situazioni di fragilità o cronicità, dove spesso la persona ha bisogno di ritrovare direzione, senso e protagonismo, anche in un corpo che non risponde più come prima.
 
In sintesi, l’Health Coaching trasforma la prevenzione in cura evolutiva: non si limita a evitare il danno, ma costruisce salute giorno dopo giorno, rafforzando le abitudini sane, la resilienza e l’autoefficacia, anche in presenza di condizioni croniche.
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Quali sono i principi ispiratori e i pilastri metodologici dell’Health Coaching? Quali competenze sviluppa?
Prof. Pipio
L’Health Coaching si fonda su un approccio integrato e multidisciplinare, che unisce i contributi delle neuroscienze, dell’epigenetica, della psicologia del cambiamento, della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) e del coaching trasformativo. L’obiettivo non è solo quello di “aiutare” le persone, ma di accompagnarle in un processo attivo di trasformazione, nel quale possano diventare protagoniste consapevoli delle proprie scelte di salute e benessere.
I principi cardine di questo approccio sono:
- la centralità della persona come essere unico, complesso e in continua evoluzione;
 - la valorizzazione dell’autonomia decisionale, contro ogni forma di dipendenza dal professionista;
 - il potenziamento delle risorse individuali, spesso latenti ma riattivabili;
 - la costruzione di abitudini sane e consapevoli, sostenibili nel tempo e coerenti con i valori personali.
 
Dal punto di vista metodologico, il modello si basa su:
- una forte alleanza relazionale tra coach e coachee;
 - l’utilizzo di strumenti concreti per la definizione di obiettivi, la pianificazione strategica e il monitoraggio dei risultati;
 - un linguaggio trasformativo che attiva nuove rappresentazioni mentali e comportamentali.
 
Le competenze che sviluppa l’Health Coaching sono trasversali e altamente spendibili, sia nella vita personale che professionale. Tra queste:
- la capacità di gestire lo stress e regolare le emozioni;
 - lo sviluppo dell’autoefficacia e della fiducia in sé;
 - l’acquisizione di tecniche di comunicazione efficace ed empatica;
 - la capacità di definire, perseguire e raggiungere obiettivi di benessere, anche in contesti complessi o segnati dalla fragilità.
 
Credo che l’Health Coaching sia molto più di una tecnica: è un metodo educativo, evolutivo e trasformativo, che restituisce alla persona il diritto e il potere di prendersi cura di sé in modo consapevole e attivo.
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In ambito aziendale, si parla sempre più spesso di “manager del benessere”. In che modo l’Health Coaching può essere utile alla formazione di una leadership capace di generare salute e valore nei luoghi di lavoro?
Prof. Pipio
Oggi le aziende non sono più soltanto spazi di produttività: stanno diventando ecosistemi di salute, ambienti nei quali il benessere delle persone è riconosciuto come un fattore strategico di crescita, sostenibilità e valore.
In questo contesto, la figura del manager è chiamata a evolvere: non è più solo un gestore di processi, ma sempre più un promotore di benessere, un facilitatore di relazioni, un attivatore di potenziale umano.
L’Health Coaching si rivela uno strumento potentissimo in questa trasformazione. Non perché trasformi i manager in coach, ma perché offre loro strumenti concreti, linguaggi nuovi e competenze relazionali avanzate per guidare i propri team con uno stile di leadership più empatico, inclusivo e generativo.
Un manager che conosce e applica i principi dell’Health Coaching:
- sviluppa una maggiore consapevolezza del clima emotivo del team;
 - migliora la propria capacità di ascolto attivo e comunicazione trasformativa;
 - riconosce e valorizza le risorse individuali, creando ambienti motivanti e resilienti;
 - promuove una cultura aziendale basata su fiducia, autonomia, responsabilità e senso di appartenenza.
 
Formare manager al mindset del coaching significa costruire leadership rigenerative, capaci non solo di ottenere risultati, ma di generare salute, energia e benessere duraturo, anche nei momenti di stress o cambiamento.
L’Health Coaching porta nel mondo del lavoro una visione umana e strategica della performance, dove la salute psicofisica delle persone non è un costo da gestire, ma un valore da coltivare.
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Molti fondi sanitari stanno ampliando il loro perimetro d’intervento, includendo servizi innovativi e prestazioni sociali per il benessere. L’Health Coaching può diventare, secondo lei, una prestazione sociale per la cronicità e la fragilità?
Prof. Pipio
Assolutamente sì. L’Health Coaching può rappresentare una prestazione ad alto valore sociale, particolarmente efficace nei contesti di cronicità, fragilità e riabilitazione.
In un sistema sanitario che si sta progressivamente orientando verso una logica più preventiva, integrata e personalizzata, il coaching si inserisce come uno strumento complementare, capace di rafforzare ciò che la medicina da sola non può garantire: la continuità del cambiamento nella vita quotidiana.
Nel percorso di una persona con una malattia cronica, il coaching permette di passare da un’identità di “paziente” passivo a quella di protagonista attivo, consapevole e responsabile del proprio benessere. L’Health Coach accompagna, non cura: aiuta la persona a gestire la quotidianità della condizione, a rafforzare l’autoefficacia, a mantenere alta la motivazione e a migliorare l’aderenza terapeutica, fattore decisivo nei percorsi di lungo periodo. Ma il valore più profondo dell’Health Coaching è forse quello di restituire una visione più umana e sistemica della salute:
- integrando corpo, mente e relazioni,
 - promuovendo abitudini sane e sostenibili,
 - favorendo il benessere anche quando la guarigione non è più possibile.
 
Per questo credo che l’Health Coaching possa diventare a pieno titolo una prestazione sociale innovativa, capace di generare valore per il singolo, per i sistemi di welfare e per la collettività. Non si tratta di sostituire la cura, ma di completarla con un accompagnamento che umanizza, attiva e sostiene nel tempo.
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Se dovesse immaginare il ruolo dell’Health Coach nei sistemi di welfare di domani, cosa vedrebbe?
Prof. Pipio
Immagino l’Health Coach come una figura centrale e strategica nei sistemi di welfare del futuro: un ponte tra le persone, le istituzioni sanitarie e i contesti organizzativi, capace di facilitare connessioni, accompagnare processi e sostenere il cambiamento.
In un mondo in cui la salute non può più essere intesa solo come assenza di malattia, ma come qualità della vita, equilibrio, partecipazione attiva, abbiamo bisogno di professionisti che non si limitino a curare, ma che sappiano accompagnare, ascoltare, motivare e guidare verso l’autonomia.
Vedo l’Health Coach sempre più presente:
- nei contesti di welfare aziendale, per promuovere benessere, prevenzione e cultura della salute sul lavoro;
 - nella medicina territoriale, come supporto ai medici di base, alle ASL, ai centri di riabilitazione;
 - nei percorsi di prevenzione e gestione delle cronicità, per rafforzare l’aderenza terapeutica e la responsabilizzazione del paziente;
 - nella costruzione di reti di comunità, dove salute significa anche connessione, coesione e relazioni di qualità.
 
Il ruolo dell’Health Coach sarà sempre più quello di facilitatore del benessere, educatore alla salute e alleato del cambiamento sostenibile.
Un professionista trasversale, competente, empatico, capace di lavorare accanto alle persone e non sopra di loro, integrandosi con le figure sanitarie tradizionali ma portando un nuovo linguaggio, nuove competenze e una nuova visione. 
In questo senso, l’Health Coaching ha molto da offrire: non come moda o accessorio, ma come parte integrante di un welfare moderno, umano e rigenerativo.

